Il Max Planck Institute di Monaco ha annunciato la scoperta di una struttura cosmica di dimensioni mai viste prima. Gli astronomi l’hanno chiamata Quipu, come l’antico sistema di registrazione a nodi utilizzato dagli Inca per conservare informazioni amministrative e di calendario. La scelta del nome non è casuale: la struttura, composta da un lungo filamento principale e diversi filamenti secondari, ricorda proprio la forma di questi antichi registri precolombiani. E c’è anche un legame geografico: la maggior parte delle osservazioni sono state effettuate dall’Osservatorio Europeo Australe in Cile, dove questi manufatti sono stati ritrovati.
La struttura è immensa: si estende per 1,4 miliardi di anni luce, una distanza che la nostra luce impiegherebbe altrettanto tempo per percorrere. Per dare un’idea delle proporzioni, la nostra galassia, la Via Lattea, è lunga appena 100mila anni luce. Quipu contiene 68 ammassi di galassie e ha una massa stimata pari a 200 quadrilioni di stelle. Questa massa colossale non è solo un numero impressionante, ma ha un impatto concreto sul tessuto stesso dello spazio-tempo.
Hans Böhringer e il suo team hanno individuato la struttura analizzando i dati della survey CLASSIX, che copre l’86% del cielo osservabile. L’unica parte che sfugge all’osservazione è la cosiddetta “Zona di Evitamento“, nascosta dalla nostra galassia che fa fisicamente da ostacolo all’osservazione del cosmo dal nostro punto di vista. La struttura Quipu è così evidente che si nota nelle mappe strumentali del cielo (ma non si può vedere a occhio nudo nel cielo notturno), cosa rara per oggetti astronomici di queste dimensioni. Gli astronomi stimano che Quipu contenga circa il 25% della materia nell’universo osservabile.
L’impatto sulla nostra comprensione dell’universo
La scoperta di Quipu non è importante solo per le sue dimensioni record. La sua presenza influenza le misurazioni della radiazione cosmica di fondo, l’eco del Big Bang che permea l’universo. La struttura distorce anche la luce che passa attraverso di essa, un fenomeno noto come “lensing gravitazionale”. Questi effetti costringono gli astronomi a ricalibrare le loro misurazioni della costante di Hubble, il parametro che descrive l’espansione dell’universo.
Quipu si trova in una regione dello spazio compresa tra 425 e 815 milioni di anni luce dalla Terra. Si estende attraverso diverse costellazioni, da Pictor e Carina nell’emisfero sud fino a Perseus nell’emisfero nord. La sua posizione la rende particolarmente interessante perché si trova vicino a un’altra grande struttura, il superammasso della Vela, scoperto nel 2016. Gli astronomi non hanno ancora trovato collegamenti tra le due strutture, ma non escludono che future osservazioni possano rivelare una connessione.
Il destino di Quipu è già scritto nelle leggi della fisica: l’espansione dell’universo la farà frammentare in unità più piccole. Come ha spiegato il team di ricerca nella pubblicazione accettata dalla rivista scientifica Astronomy & Astrophysics, si tratta di una configurazione transitoria. Ma proprio per questo merita particolare attenzione: è una fotografia di un momento specifico dell’evoluzione cosmica. La sua osservazione ci aiuta a capire come si sono formate le strutture più grandi dell’universo.

Superare i limiti della conoscenza
La scoperta apre nuove domande sulla formazione delle strutture cosmiche. Gli scienziati vogliono capire come si sono aggregati questi enormi ammassi di galassie. C’è anche la possibilità che strutture ancora più grandi esistano più lontano nello spazio. Il team di Böhringer continuerà a mappare il cielo alla ricerca di altri giganti cosmici.
C’è chi sostiene che il Quipu non sia la struttura più grande in assoluto nell’universo. Il Grande Muro Hercules-Corona Borealis, situato a circa 10 miliardi di anni luce, potrebbe essere più esteso, con una lunghezza stimata di altri 10 miliardi di anni luce. Ma la sua esistenza è ancora oggetto di dibattito nella comunità scientifica. La differenza sta nella certezza delle misurazioni: Quipu è molto più vicino e quindi più facile da osservare e studiare con precisione. La sua struttura è chiaramente definita e verificabile con gli strumenti attuali.
La scoperta di Quipu si inserisce in un più ampio progetto di mappatura dell’universo locale. Insieme ad altre quattro superstrutture identificate nello stesso studio (Shapley, Serpens-Corona Borealis, Hercules e Sculptor-Pegasus), forma un quadro complesso della distribuzione della materia. Questi cinque giganti cosmici contengono insieme il 45% degli ammassi di galassie e il 30% delle galassie nell’universo osservabile. Il loro studio ci sta aiutando a comprendere meglio l’origine delle strutture cosmiche e l’evoluzione dell’universo stesso.
Alcune delle fonti di questo articolo:
- https://www.newscientist.com/article/2467487-astronomers-have-spotted-the-largest-known-object-in-the-universe/
- https://earthsky.org/space/quipu-largest-structure-in-the-universe/
- https://www.livescience.com/space/astronomy/astronomers-discover-quipu-the-single-largest-structure-in-the-known-universe