Il 2 novembre del 2000 tre uomini entravano per la prima volta in quella che sarebbe diventata casa loro per i successivi quattro mesi. L’astronauta della Nasa Bill Shepherd e i cosmonauti russi Sergei Krikalev e Yuri Gidzenko non sapevano di aprire un capitolo della storia umana destinato a durare un quarto di secolo. Da quel giorno, la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) non ha mai smesso di ospitare esseri umani. Neanche per un giorno, neanche per un’ora.

Venticinque anni dopo, mentre questo fine settimana si celebra l’anniversario, l’ISS è un gigante che fluttua a 400 chilometri dalla Terra. Un gigante che però ha una data di scadenza: il 2030. Allora verrà fatto ammarare nell’Oceano Pacifico, nel cosiddetto Punto Nemo, il cimitero delle astronavi. SpaceX ha già ricevuto un contratto da quasi un miliardo di dollari per costruire il veicolo che la farà rientrare in sicurezza.

Dal buio al lusso spaziale

Quando Shepherd e i suoi compagni arrivarono trovarono qualcosa di completamente diverso dall’hotel a quattro stelle che è oggi. Era una “stazione a tre stanze angusta, buia e umida“, come ha ricordato anni dopo lo stesso comandante della prima missione. Ci vollero mesi di lavoro duro per renderla abitabile.

Oggi l’ISS si estende quanto un campo da calcio, con laboratori multipli, connessione internet, serre sperimentali che producono peperoncini e zinnie, e persino una cupola panoramica dalla quale osservare la Terra.

La Stazione Spaziale Internazionale in breve

AspettiDescrizioneNote
StoriaNato da un progetto internazionale degli anni ’80, primo modulo lanciato nel 1998 (Zarya)Presenza umana continua dal 2 novembre 2000; oltre 280 astronauti di 26 nazioni
StrategiaCooperazione internazionale (USA, Russia, ESA, Giappone, Canada), sviluppo tecnologico e scientificoPiano di dismissione entro il 2030; transizione a stazioni spaziali commerciali
CaratteristicheStruttura modulare, dimensioni di un campo da calcio, con laboratori, serre, cupola panoramicaPiù di 15 moduli installati tra il 1998 e il 2021; robotica avanzata (Canadarm2).
ScopiRicerca scientifica in microgravità, sviluppo di tecnologie per esplorazione spaziale profondaStudi in biologia, fisica, medicina, osservazioni terrestri e astronomiche
EquipaggiEquipaggi di 2-6 persone con rotazioni ogni mese; prima Expedition 1 nel 2000Circa 290 persone ospitate fino ad oggi, con turni di 6 mesi circa

Certo, non è proprio come stare a casa. Gli astronauti si lavano ancora con le spugne e buttano i vestiti sporchi invece di lavarli. Ma rispetto ai primi giorni in orbita, è un salto quantico. Quasi 290 persone provenienti da 26 paesi diversi hanno vissuto sulla stazione, un esperimento di cooperazione internazionale che ha resistito persino alle tensioni geopolitiche più acute.

Un laboratorio che non dorme mai

La ISS non è solo un luogo dove vivere. È soprattutto un laboratorio dove si studia come il corpo umano reagisce alla microgravità, come crescono le piante senza peso, come si comportano i materiali nello spazio. Ogni giorno vengono condotti esperimenti che sulla Terra sarebbero impossibili. E ogni giorno gli astronauti guardano fuori dalla cupola, vedendo il pianeta che scorre sotto di loro sedici volte nelle ventiquattro ore.

Ma non è stato tutto rose e fiori. La stazione ha dovuto affrontare emergenze durante passeggiate spaziali, perdite d’aria, incidenti di rotazione incontrollata. E c’è un problema crescente: i detriti spaziali. Piccoli frammenti di satelliti morti e rottami che vagano in orbita a velocità folli, trasformandosi in proiettili potenzialmente letali. La ISS deve fare manovre di evasione con una frequenza sempre maggiore.

La corsa per riempire il vuoto

Il 2030 non è così lontano e la Nasa sta spingendo forte perché le stazioni commerciali private siano pronte in tempo. Axiom Space è in testa, con piani per collegare moduli alla ISS prima del 2028 per poi staccarsi e formare una stazione indipendente. Blue Origin, Vast e Sierra Space stanno lavorando ai loro progetti orbitali. L’urgenza è anche geopolitica: la Cina ha già la sua stazione Tiangong, occupata permanentemente dal 2021. Se le stazioni americane non fossero pronte in tempo, potrebbe rimanere l’unico avamposto abitato nello spazio.

La Nasa mira a garantire che non ci sia alcuna interruzione tra la Stazione Spaziale e i suoi successori“, spiegano i documenti ufficiali. È una corsa contro il tempo, ma anche contro la complessità. Perché costruire una stazione spaziale richiede anni, soldi e competenze che poche aziende al mondo possiedono. E il modello collaborativo internazionale che ha retto l’ISS per un quarto di secolo potrebbe non essere replicabile nell’era delle stazioni commerciali.

L’eredità nell’acqua

Quando nel 2031 l’ISS farà il suo ultimo tuffo nel Pacifico, si chiuderà un’epoca. Ma non sarà un addio all’esplorazione spaziale. Sarà piuttosto il passaggio di testimone a una nuova generazione di habitat orbitali, più piccoli, più specializzati, più numerosi. La presenza umana continua nello spazio, iniziata 25 anni fa in quelle tre stanze buie e umide, non si interromperà. Cambierà semplicemente forma, come è giusto che sia per qualsiasi cosa che voglia sopravvivere nel vuoto cosmico. In attesa di poter andare a vivere in una vera isola nello spazio.

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