Erano le 15 e 45 del 9 dicembre 1968 e Douglas Engelbart saliva sul palco della Fall Joint Computer Conference di San Francisco con un obiettivo apparentemente impossibile: mostrare il futuro dell’informatica. Era l’ultimo keynote del giorno, il pubblico era stanco. Per capire quello che Engelbart stava per mostrare al Civic Center di San Francisco occorre ricordare com’era il mondo (inclusa la Silicon Valley) nel 1968, quasi sessant’anni fa. Non eravamo ancora andati sulla Luna, Star Trek era stato appena cancellato dalla televisione americana e l’italiano Federico Faggin aveva inventato da pochi mesi il microchip.

La cosa più importante però è che sino a quel momento i computer erano mostri enormi che occupavano intere stanze, costosi e inaccessibili ai più, programmati con schede perforate e utilizzati solo da tecnici in camice bianco. I personal computer sarebbero arrivati dieci anni dopo. Tuttava, quel che stava per succedere al Civic Center nella sessione “A Research Center for Augmenting Human Intellect” avrebbe lasciato il pubblico a bocca aperta, tanto da meritarsi successivamente il titolo di “Madre di tutte le demo“.

Mouse, tastiera e altre cose che ancora non usiamo...
A destra il mouse, nel mezzo la tastiera e a sinistra altre cose che ancora non usiamo…

La Madre di tutte le demo

Immaginatevi seduti in quella sala mentre sul grande schermo viene proiettato il video di un uomo con camicia bianca e cravatta e un piccolo auricolare con microfono. Lui si chiama Douglas Engelbart e lo abbiamo già incontrato in un altro articolo. Maneggia una delle sue invenzioni più famose: un curioso oggetto di legno con due rotelle perpendicolari e lo usa per controllare un cursore sullo schermo. È il primo mouse della storia, presentato in pubblico quando la maggior parte delle persone non aveva nemmeno visto un televisore a colori. Con questo dispositivo quasi rudimentale, il ricercatore naviga tra finestre, seleziona testo, ridimensiona elementi grafici e clicca su collegamenti ipertestuali decenni prima che Tim Berners-Lee inventasse il World Wide Web o che Steve Jobs commercializzasse il Macintosh con l’interfaccia a menu e finestre. L’intero pubblico è sbalordito, incapace di comprendere pienamente cosa sta vedendo.

Ma Engelbart non si ferma qui. Perché quella è anche la prima videoconferenza della storia. Si collega in diretta con i suoi collaboratori a Menlo Park, a 50 chilometri di distanza, e lo fa con un sistema senza fili. Praticamente anticipa le chiamate con Zoom in mobilità. Perché non c’è solo il video e l’audio, ma anche la condivisione dei dati dello schermo: tramite un sistema senza fili (a microonde) e modem personalizzato da 1200 baud (velocissimi per l’epoca, equivalenti a 1200 bit al secondo), mostra come più persone possano modificare contemporaneamente lo stesso documento, chattare in tempo reale e condividere lo schermo. E, mostrando il documento in trasparenza in metà dello schermo, con l’altra metà occupata dinamicamente dal suo viso, risolve anche il problema delle presentazioni di oggi in cui se si fa vedere una slide non si vede più chi parla e viceversa.

In pratica, in un colpo solo Engelbart inventa Google Docs, Zoom, Slack e l’intera suite di strumenti collaborativi che utilizziamo oggi, ma quasi sessant’anni prima che diventassero realtà. E i suoi avevano funzioni che ancora oggi mancano ai nostri. Il tutto con dei computer collegati da una rete quando Internet era solo un concetto embrionale nei laboratori militari americani e il concetto stesso di WiFi era completamente ignoto.

Lo screen-on-screen prima che ancora non abbiamo
Ovviamente Engelbart ha inventato anche lo screen-on-screen

Aiutare gli esserei umani a diventare migliori

La visione alla base del sistema operativo NLS (oN-Line System) di Engelbart era rivoluzionaria: i computer non dovevano essere semplici calcolatori o per la comunicazione, ma strumenti per potenziare l’intelletto umano. Non voleva creare macchine più intelligenti, ma aiutare gli esseri umani a diventare più intelligenti attraverso le macchine. Questa filosofia di “bootstrapping” immaginava un ciclo virtuoso dove ogni miglioramento tecnologico avrebbe portato a una maggiore capacità umana di creare nuove tecnologie, in un processo di evoluzione continua.

Perché allora Douglas Engelbart non è famoso come Steve Jobs o Bill Gates? Perché non è celebrato come uno dei più grandi geni dell’epoca tecnologica? Semplicemente perché era troppo avanti rispetto ai suoi tempi. Dopo la demo, molti dei suoi collaboratori lasciarono il suo Augmentation Research Center per unirsi allo Xerox PARC, il centro di ricerca di Coyote Hills dove avrebbero sviluppato ulteriormente quelle idee fino a creare l’Alto, il computer che avrebbe ispirato sia il Macintosh di Apple che Windows di Microsoft. Le sue invenzioni vennero frammentate e commercializzate da altri, mentre lui continuava a perseguire la sua visione originaria di un ambiente informatico integrato e collaborativo.

L’eredità di Engelbart

E la collaborazione a distanza su documenti condivisi, perché no?
E la collaborazione a distanza su documenti condivisi, perché no?

Ogni volta che trasciniamo un file con il mouse, clicchiamo su un link, partecipiamo a una videoconferenza o collaboriamo a un documento online, stiamo usando idee presentate in quei novanta minuti del 1968. La prossima volta che prendiamo in mano il mostro smartphone o tablet, dovremmo ricordarci di Douglas Engelbart, l’uomo che ha immaginato il nostro mondo digitale quando la maggior parte delle persone non aveva nemmeno visto un computer. La sua demo merita davvero il titolo di “Madre di tutte le demo” perché ha dato vita a un’intera generazione di strumenti digitali che oggi consideriamo scontati.

Se siete curiosi di vedere questo momento fondamentale della storia dell’informatica, il video completo della presentazione è disponibile su YouTube. Vale assolutamente la pena dedicargli novanta minuti, gli stessi che Engelbart usò per mostrare al mondo un futuro che solo lui poteva vedere così chiaramente. Come disse Alan Kay, uno dei presenti alla dimostrazione, dopo quel giorno “il futuro è già stato inventato, ora deve solo essere distribuito“.

Alcune fonti di questo articolo: