Un video che si può trovare ancora oggi su YouTube racconta una storia affascinante. Era il 1977 e un giovane Steve Jobs, ancora lontano dalla gloria planetaria raggiunta con Macintosh, iPhone, iPad e tutto il resto, raccontava una storia destinata a diventare leggendaria nella mitologia della Silicon Valley. Citava uno studio di Scientific American che misurava l’efficienza locomotoria delle specie animali: quanta energia serve per percorrere un chilometro.
In questa classifica creata da uno scienziato (Vance A. Tucker della Duke University per lo Scientific American numero 228, fascicolo 3, del marzo 1973, a pagina 81-91) il condor dominava con la sua straordinaria efficienza aerodinamica, mentre l’essere umano compariva mestamente a un terzo della lista, prestazione che Jobs definiva “non troppo orgogliosa per la corona del creato“.

Ma ecco il colpo di genio: dato che la rivista scientifica era dedicata all’impatto dell’invenzione della bicicletta nella storia umana, Tucker aveva avuto l’intuizione di misurare anche l’efficienza di un uomo in bicicletta. Il risultato era clamoroso: l’essere umano sulla due ruote polverizzava il condor, schizzando in cima alla classifica dell’efficienza energetica.
Da questa osservazione usata come premessa, nacque la metafora più potente dell’era informatica: “Il computer è come una bicicletta per la mente“, diceva Jobs nel video, “lo strumento più straordinario che abbiamo mai creato“.

La bellezza di questa immagine stava nella sua semplicità cristallina. Come la bicicletta amplifica l’efficienza del movimento umano senza sostituirlo, così il computer potenzia le capacità cognitive senza rimpiazzare il pensiero. La mente umana resta al comando, la bicicletta deve essere sempre guidata, perché la tecnologia si limita a moltiplicarne le possibilità.
L’eleganza dell’amplificazione
Jobs non parlava di automazione ma di collaborazione, non di sostituzione ma di potenziamento. Il computer rimaneva uno strumento, per quanto rivoluzionario, che richiedeva sempre un essere umano ai comandi. Proprio come la bicicletta non pedala da sola, il computer non pensa autonomamente: amplifica semplicemente ciò che la mente umana già sa fare.
Questa visione si rivelò profetica negli anni Ottanta e Novanta, quando i personal computer trasformarono il modo di lavorare, creare e comunicare. Milioni di persone scoprirono di poter scrivere, calcolare, progettare con un’efficienza impensabile solo pochi anni prima. La rivoluzione dell’informatica personale seguì esattamente il modello descritto da Jobs: tecnologie che estendevano le capacità umane senza sostituirle.
Biciclette per la mente
Jobs e la bicicletta | Senso della metafora | Oggi: la bicicletta elettrica |
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L’uomo è inefficiente a piedi, ma con la bicicletta diventa l’animale più efficiente. Jobs: “Il computer è una bicicletta per la mente”. | Uno strumento semplice può moltiplicare capacità già esistenti senza sostituirle. | L’AI offre pedalata assistita: accelera, amplia, supera ostacoli, ma serve ancora chi tiene il manubrio. |
Il PC degli anni ’80-’90 ha permesso a milioni di persone di scrivere, calcolare, progettare meglio. | La tecnologia è estensione naturale della mente, non rimpiazzo. | L’AI introduce un supporto più avanzato, ma resta uno strumento: potenzia, non pensa da sola. |
Jobs: “Il personal computer è la bicicletta della mente”. | La mente umana guida, la tecnologia amplifica. | La “bicicletta elettrica della mente” cambia le dinamiche, ma richiede sempre controllo e responsabilità. |
La pedalata assistita del pensiero
Oggi, nell’era dell’intelligenza artificiale, la metafora jobsiana merita un aggiornamento che il fondatore di Apple avrebbe probabilmente apprezzato. Se fosse ancora tra noi, Jobs potrebbe descrivere l’intelligenza artificiale come una “bicicletta elettrica per la mente“. L’analogia funziona perfettamente: la bicicletta elettrica non elimina la necessità di pedalare, ma offre un’assistenza che trasforma radicalmente l’esperienza.
Come la bicicletta elettrica permette di affrontare salite proibitive e percorrere distanze prima impensabili, l’intelligenza artificiale consente di superare ostacoli cognitivi che sembravano insormontabili. Può analizzare montagne di dati, tradurre istantaneamente tra lingue, generare testi e immagini con velocità sorprendente. Ma proprio come la bicicletta elettrica, richiede ancora qualcuno che tenga il manubrio, scelga la direzione, decida quando frenare o accelerare.
Da questo punto di vista l’intelligenza artificiale rappresenta un salto evolutivo rispetto al computer tradizionale, proprio come la bicicletta elettrica rispetto a quella meccanica. Ma il principio fondamentale rimane immutato: la tecnologia deve servire l’essere umano, amplificarne le capacità, non sostituirlo. La bicicletta elettrica della mente promette di portare il pensiero umano dove non avrebbe mai immaginato di arrivare, ma solo se ci ricordiamo chi deve decidere la destinazione.
Alcune fonti di questo articolo:
- https://www.youtube.com/watch?v=ob_GX50Za6c&t=24s
- https://www.scientificamerican.com/article/bicycle-technology/
- https://scholars.duke.edu/person/vtucker
- https://github.com/joshbrake/animal-energy-efficiency?tab=readme-ov-file
- https://joshbrake.substack.com/p/a-bicycle-for-the-mind
- https://www.macitynet.it/cinque-anni-steve-jobs-luomo-cambiato-mondo-creando-la-bicicletta-la-mente/
- https://www.macitynet.it/la-passione-di-steve-jobs-per-le-biciclette/