Nel panorama politico europeo si è aperta una frattura inedita di cui fuori dall’Italia si sta parlando molto. Da una parte ci sono i politici che hanno fatto di TikTok il proprio terreno di caccia elettorale, dall’altra quelli che la considerano una minaccia per la democrazia. La piattaforma cinese conta oltre 140 milioni di utenti europei, la maggior parte giovani, e questo numero ha trasformato il social network in un campo di battaglia per conquistare consensi non solo per le elezioni in una fascia demografica storicamente difficile da raggiungere.
Un esempio? Partiamo con Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National francese. È diventato l’eurodeputato più seguito su TikTok con 1,2 milioni di follower. I suoi video sono montati con precisione chirurgica: spezzoni di discorsi parlamentari, musiche drammatiche, sottotitoli efficaci. La formula funziona e ha contribuito a consolidare l’immagine del partito tra gli elettori più giovani, trasformando interventi istituzionali in contenuti virali capaci di generare milioni di visualizzazioni.
L’effetto Bardella e i nuovi campioni digitali
Il modello francese si è replicato con varianti locali in quasi tutta Europa. In Spagna, Alvise Pérez ha dimostrato che la presenza su TikTok può tradursi direttamente in seggi parlamentari: il suo partito Se Acabó La Fiesta ha ottenuto il 4,6% dei voti alle europee partendo praticamente da zero. Usare TikTok è stata una scelta vincente. Nel Regno Unito, giovani attivisti hanno utilizzato satira e ironia per veicolare messaggi politici, ottenendo milioni di visualizzazioni e contribuendo a modellare le percezioni elettorali.
Il fenomeno ha cambiato anche le dinamiche interne ai parlamenti. All’Assemblea nazionale francese TikTok sta avendo un effetto notevole: i discorsi si sono accorciati del 50% rispetto al 2007, con un crollo verticale dopo il 2017. I deputati preparano interventi pensati per essere facilmente editati e pubblicati online, tanto che alcuni colleghi ironizzano annunciando “Attenzione, ciak si gira!” quando qualcuno si alza per parlare. Insomma, il mezzo è il messaggio (e il massaggio), come diceva Marshall McLuhan.
Perché la strategia risponde a una logica precisa. Antoine Léaument, ex responsabile della comunicazione digitale della France Insoumise, ha spiegato che affidarsi alle dirette parlamentari tradizionali è poco efficace: meglio rivolgersi direttamente a decine di migliaia di persone attraverso video di un minuto. Il rischio è che il dibattito parlamentare diventi un teatro per la produzione di contenuti virali piuttosto che un luogo di confronto sostanziale. Ma l’alternativa è che nessuno sappia cosa succeda nell’aula della Rivoluzione francese.
I timori di Bruxelles e le strette normative
Dall’altro lato della barricata ci sono i diffidenti. Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, ha espresso preoccupazione per i possibili legami della piattaforma con il Partito comunista cinese e i rischi di interferenze nelle democrazie europee. Dopotutto, appoggiare il cuore del dibatitto politico europea, quindi del funzionamento stesso della nostra democrazia, sulla piattaforma tecnologica abilitante di un altro Paese, per di più anti-democratico, è in effetti una scelta “hardcore”.

C’è anche chi non ci sta. Raphaël Glucksmann, eurodeputato francese, ha abbandonato TikTok per ragioni di coerenza etica, denunciando la piattaforma come veicolo di propaganda. Altri politici evitano la piattaforma temendo che il suo utilizzo possa legittimare meccanismi di disinformazione difficili da controllare.
C’è anche una posizione legale ufficiale: delle leggi europee che stabiliscono cosa si può fare e cosa no (dopottutto le democrazie si basano sul rispetto della legge). In sintesi, la risposta dell’Unione europea arriva attraverso il Digital Services Act, tanto criticato, che tuttavia impone vincoli stringenti all’uso elettorale di TikTok. La piattaforma cinese non può effettuare promozioni a pagamento per partiti politici, pubblicità elettorale o raccolta fondi. La Commissione europea ha avviato procedimenti formali contro TikTok per sospette violazioni del Dsa, contestando la mancata attenuazione dei rischi di interferenze elettorali e la scarsa trasparenza degli algoritmi di raccomandazione.
Le sanzioni previste possono essere molto pesanti: multe fino al 6% del fatturato globale per chi non rispetta le regole. Da noi, a livello nazionale, il Garante per la protezione dei dati personali italiano ha vietato a TikTok di profilare utenti per pubblicità personalizzata senza consenso esplicito, con particolare attenzione ai minori. In diversi paesi europei è stata raccomandata la rimozione dell’app dai dispositivi di lavoro dei legislatori per ragioni di sicurezza.
Un equilibrio impossibile tra opportunità e controllo
TikTok sì o TikTok no? Il dilemma resta aperto. TikTok offre un canale diretto per coinvolgere elettori giovani attraverso contenuti dinamici e interattivi, ma solleva interrogativi sulla qualità del dibattito pubblico e sulla vulnerabilità delle democrazie a interferenze esterne. I meccanismi algoritmici della piattaforma amplificano contenuti emotivi e polarizzanti, favorendo una semplificazione del messaggio politico che può impoverire il confronto democratico. La piattaforma, per sua stessa natura, fa passare solo alcuni messaggi e non altri.
Per questo le regolamentazioni europee cercano di bilanciare innovazione e tutela democratica. Il Dsa introduce strumenti obbligatori, anche se sui giornali vengono un po’ presi in giro, come la verifica dell’età, il controllo parentale e il divieto di pubblicità mirata verso i minori. La Commissione europea monitora costantemente la piattaforma per garantire che non venga utilizzata per manipolazioni elettorali, mantenendo un’attenzione particolare su possibili interferenze straniere.
La questione tocca il cuore del rapporto tra tecnologia e democrazia. Da un lato, escludere dai social network significa rinunciare a comunicare con milioni di giovani elettori. Dall’altro, accettare senza riserve piattaforme straniere con opacità algoritmica e possibili vulnerabilità significa esporsi a rischi ancora non completamente misurati. La battaglia per definire le regole di questo nuovo spazio pubblico digitale è appena iniziata e determinerà il futuro della comunicazione politica europea.
Alcune fonti di questo articolo:
- https://it.euronews.com/my-europe/2024/05/01/elezioni-europee-il-dilemma-tiktok-dei-candidati
- https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9788342
- https://digital-strategy.ec.europa.eu/it/news/commission-opens-formal-proceedings-against-tiktok-election-risks-under-digital-services-act
- https://www.valigiablu.it/tiktok-estrema-destra-disinformazione/
- https://www.ilpost.it/2025/08/13/video-politici-francesi-tiktok-dibattito-assemblea-nazionale/
- https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/AC0366.pdf
- https://www.rivistaitalianadiinformaticaediritto.it/index.php/RIID/article/download/323/258/642
- https://www.diariodidirittopubblico.it/elezioni-nel-bersaglio-disinformazione-sistemica-e-vulnerabilita-democratica/
- https://it.euronews.com/2025/11/16/tiktok-e-politica-europea-meloni-domina-macron-perde-smalto-e-tusk-sorprende
- https://tg24.sky.it/tecnologia/2024/02/16/tiktok-centro-elettorale-elezioni-ue
- https://www.eunews.it/2024/12/17/elezioni-romania-tiktok-procedimento-ue/
- https://eurofocus.adnkronos.com/innovazione/tiktok-vietata-anche-in-ue-ecco-come-e-perche-potrebbe-succedere/

