L’intelligenza artificiale viene usata in moltissimi ambiti, anche se di solito la vediamo soprattutto come uno strumento per il lavoro o per il tempo libero. ChatGPT, Gemini e gli altri chatbot, ad esempio, sono assistenti digitali potenziati che permettono di interagire con il computer in maniera completamente differente da prima. E poi ci sono altri sistemi utilizzati ad esempio per la guida autonoma delle auto oppure per il riconoscimento dei volti quando si scatta una fotografia con lo smartphone,

Tuttavia, ci sono anche altri usi per degli LLM addestrati in maniera particolare. Uno è nel settore medico per la diagnosi delle malattie oncologiche e un altro invece è nel settore dell’archeologia e della filologia: il recupero di antichissimi papiri carbonizzati.

La terribile eruzione del 79 d.C.

La storia sarebbe affascinante anche se non ci fosse stata l’AI. Nel 79 dopo Cristo l’eruzione del Vesuvio distrusse completamente l’antica Ercolano, una città di epoca romana la cui origine è addirittura di mille e cento anni precedente; la leggenda dice Ercolano che venne fondata dal semidio Ercole (da qui il nome), figlio di Giove e della regina Alcmena, quando era di ritorno dall’Iberia con una mandria di buoi “cari agli dei”.

Immagine generata con AI

Nel 79 d.C. Ercolano, durante una drammatica eruzione che cancellò anche la famosa città di Pompei, venne ricoperta da una coltre di materiali vulcanici. Fu un disastro, ma per noi è stata una fortuna. Infatti, a seguito dell’eruzione, l’antica città romana scompare sottoterra e là rimase, protetta per secoli dalla cenere.

A partire dal 1710 cominciarono gli scavi che hanno riportato alla luce uno dei siti archeologici più belli e importanti del mondo, tanto che ogni anno quasi mezzo milione di visitatori va a scoprire le meraviglie romane di Ercolano e l’Unesco, già nel 1997 la inserì tra i patrimoni dell’umanità. Ma non solo.

La Villa dei Papiri di Ercolano

Fra le scoperte straordinarie che sono state fatte a Ercolano ce n’è una alla quale era stato dato valore molto relativo. Nella villa di Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, suocero di Giulio Cesare, venne trovato un incredibile tesoro sepolto dalla particolarità dell’eruzione che, per temperatura e velocità di diffusione salvò gran parte della materia organica (incluso legno e papiri) seppellendoli sotto le ceneri fino a oggi.

L’unico problema fu che i papiri trovati dagli archeologi di Carlo di Borbone, che nel XVIII secolo era re di Napoli, erano completamente carbonizzati. Impossibile leggerli o anche solo aprirli: cercare di srotolarli voleva dire distruggerli. Se ne accorsero provando con un paio (che vennero) e per nostra fortuna fu deciso di preservare i rotoli anneriti in attesa di tempi migliori.

Arriva l’intelligenza artificiale

I tempi migliori sono arrivati grazie all’intelligenza artificiale e ad alcune tecnologie radioscopiche sviluppate dalla medicina moderna. Ma ci siamo arrivati un passo alla volta.

Da subito i ricercatori si sono infatti resi conto che quello conservato nelle cantine della Villa dei Papiri è un vero e proprio tesoro. Migliaia di rotoli che potrebbero contenere opere già note, oppure opere minori inedite, oppure capolavori perduti: opere fondamentali di Platone e Aristotele di cui conosciamo solo il titolo perché non ce ne è giunta nessuna copia.

Se avete presente la trama del Nome della Rosa di Umberto Eco, l’idea è proprio questa. Nel monastero benedettino dove si svolge la storia, c’è un testo che a noi non è mai arrivato: si tratta del manoscritto del secondo libro della Poetica di Aristotele, considerato pericoloso perché promuove l’idea che il riso possa essere un’arma contro la paura e l’autorità, sovvertendo l’ordine religioso e sociale. Il monaco Jorge da Burgos cerca di impedirne la diffusione, avvelenando le pagine del manoscritto per uccidere chiunque tenti di leggerlo. Tocca al francescano Guglielmo da Baskerville risolvere il mistero ma perdere l’opera con l’incendio del monastero.

Fare la Tac ai papiri

Già dagli anni Ottanta vari ricercatori italiani ed europei avevano provato a “vedere” cosa c’era scritto nei rotoli carbonizzati.

L’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio nazionale delle ricerche italiano e l’European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble in Francia, avevano usato tecniche ai raggi X per “vedere”, ma il salto di qualità è stato fatto con un esperimento: i papiri, “neri come un giornale bruciato“, che esposti alla luce infrarossa potevano essere letti. L’inchiostro era parzialmente visibile. Ma non era abbastanza per capire cosa ci fosse scritto.

Facendo delle vere e proprie Tac, Tomografie Assiali computerizzate (che combina una serie di immagini ottenute con i raggi X e catturate da diverse angolazioni), e usando l’intelligenza artificiale per rimetterle assieme digitalmente “srotolare” virtualmente i rotoli, i ricercatori avevano “aperto” i primi papiri. Il problema era riuscire a leggere e interpretare le scritte. Un lavoro che di solito viene svolto dai filologi classici ma che in questo caso era praticamente impossibile.

Per questo una università del Kentucky aveva organizzato la “Vesuvius Challenge“: una sfida con un premio da 660mila euro per chi fosse stato in grado di addestrare un sistema di AI specializzato nel leggere e interpretare i papiri srotolati virtualmente grazie ai raggi X (farlo realmente vorrebbe dire distruggerli perché sono troppo fragili).

Le prime lettere scoperte nello Scroll 1 nel 2023 – https://scrollprize.org/

La prima vittoria è stata di due giovani appassionati: uno del Nebraska, Luke Farritor, che ha letto automaticamente dieci lettere, e un altro, Youssef Nader di Berlino, che ha raggiunto un risultato simile. I due si sono poi uniti a Julian Schilliger per andare avanti.

Una strada tutta in discesa

Da questo primo traguardo raggiunto nel 2023, cioè riconoscere una parola in greco antico (il colore “porpora”) a capire come fare a leggere tutti i papiri il passo non è breve. Ma adesso almeno sappiamo che è possibile.

Così, dopo questo primo risultato storico, i lavori sono andati avanti e sono stati decifrati altri pezzi del testo da parte di Nader, Farritor e Schillinger,: centinaia di parole su più di 15 colonne di testo, circa il 5% della lunghezza del testo.

Quello trovato grazie all’AI addestrata sulle immagini di risonanza magnetica, è un testo filosofico inedito di un autore probabilmente sconosciuto perché mai arrivato sino a noi e minore: un filosofo della scuola epicurea. Alcuni pensano che forse si tratti di Filodemo, ma ancora non lo sappiamo.

Il testo recuperato spiega cosa dia piacere e cosa lo influenzi: il cibo, ad esempio. E poi spiega tra le cose rare e quelle abbondanti quali siano quelle a cui diamo più importanza e quali quelle che ci danno più piacere. Ma è solo l’inizio. L’obiettivo dei ricercatori è arrivare all’85% del testo per sapere come finisce. E poi ovviamente passare alle altre letture.

Altri tesori tutti da scoprire

Senza dimenticare che le centinaia di rotoli di Ercolano potrebbero esserci tesori come opere di autori di cui conosciamo solo alcuni frammenti (molti lirici greci, ad esempio, come la poetessa Saffo oppure Alceo, Alcmane, Simonide di Ceo) o altre opere di filosofia, o magari nuove opere di Omero.

Senza contare che questa tecnica di “lettura” sfruttando la Tac e l’AI si può applicare anche ad altri tesori considerati perduti, come i fogli di papiro usati nell’Antico Egitto per fare le maschere dei defunti.

I cosiddetti “fogli di recupero” sono dei fogli di papiro compressi sul volto delle maschere, in una tecnica simile al cartonnage, e contengono testi oggi illeggibili ma che, se decifrati, potrebbero farci leggere per la prima volta da millenni opere per noi sconosciute.

Alcune fonti di questo articolo: