A meno di quattromila chilometri dall’Italia, circa cinque ore di volo, c’è l’Arabia Saudita. Oggi il più paese grande esportatore di petrolio al mondo (assieme alla Russia) sta cercando più velocemente che può di costruirsi un futuro senza l’oro nero. Lo strumento per farlo è il piano del 2016 intitolato Vision 2030. Pensato dal principe ereditario Mohammed bin Salman, Vision 2030 è un salto mortale da 500 miliardi di dollari che vorrebbe trasformare radicalmente il regno del deserto, inserendo nel deserto arabico caratteristiche di Dubai, Las Vegas, un pizzico di Silicon Valley e una spruzzata di sostenibilità ambientale.

Alla fine, il piano che punta a trasformare radicalmente il paese entro il 2030, sviluppando settori chiave come sanità, istruzione, turismo, intrattenimento, e promuovendo un’economia non petrolifera più prospera e competitiva a livello globale.

I progetti contenuti all’interno di Vision 2030 hanno nomi che sembrano usciti dalle Mille e una notte: NEOM, The Line, Mukaab. Il primo è una mega città di 26.500 chilometri quadrati alimentata al cento per cento da energie rinnovabili, dove robot e intelligenza artificiale gestiranno servizi che ancora non sappiamo di volere. Il secondo, del quale abbiamo parlato qui abbondantemente, è ancora più ambizioso: una città lineare di 170 chilometri, senza automobili né strade, dove nove milioni di persone vivranno in verticale come formiche in un formicaio di lusso. Infine, il terzo è un cubo gigantesco nel centro di Riyadh, così grande che al suo interno potrebbero starci venti Empire State Building. Poi, non bisogna dimenticare anche la Jeddah Tower, che con il suo chilometro di altezza vuole rubare il primato al Burj Khalifa di Dubai e diventare il grattacielo più alto del mondo (se non altro in Medio Oriente).

Dentro la Linea (Immagine Vision 2030)
Dentro la Linea (Immagine Vision 2030)

L’ambizione che sfida la fisica

La scala di questi progetti sfida non solo l’immaginazione ma anche le leggi della fisica e dell’economia. The Line promette che tutti i servizi essenziali siano raggiungibili in cinque minuti a piedi e che si potrà attraversare l’intera città in venti minuti grazie a trasporti ultra rapidi. È la promessa di una vita urbana perfetta, dove il novantacinque per cento della natura viene preservato mentre convive con milioni di persone. Il Mukaab di New Murabba, con le sue esperienze di realtà virtuale immersiva, vuole essere contemporaneamente edificio, città e metaverso fisico. Un “altrove” dove trascendere.

L’Arabia Saudita sta essenzialmente tentando di comprare il futuro, pagandolo in contanti petroliferi prima che i pozzi si prosciughino o, peggio, prima che il mondo smetta di volere quello che hanno da vendere. È un piano che ha una sua logica ferrea: diversificare l’economia, attrarre turisti e investitori, creare posti di lavoro per una popolazione giovane e inquieta. Ma c’è un problema: non tutti i progetti stanno riuscendo come previsto e nei tempi previsti. A partire dalla Linea, brutalmente scorciata.

La tabella di marcia di Vision 2030

ProgettoDescrizioneObiettivi principaliSettori coinvoltiStato attuale / Note
NEOMMegacittà futuristica da 500 miliardi di dollari, 26.500 km² sul Mar RossoCreare un hub tecnologico sostenibile e innovativoUrbanistica, energia rinnovabile, AI, turismoCostruzione in corso, con ridimensionamenti
The Line (NEOM)Città lineare di 170 km senza automobili né strade, alta densità abitativaSostenibilità ambientale, mobilità rapidaUrbanistica, trasporti, eco-tecnologieRidimensionata a 2,4 km e 300.000 abitanti al 2030
New Murabba (Riyadh)Progetto urbano con il cubo Mukaab, edificio iconico multifunzionaleRigenerazione urbana, simbolo architettonicoEdilizia, spazi culturali e commercialiScavi avanzati, completamento tra il 2026-27
Jeddah TowerGrattacielo che punta a essere il più alto del mondo (quasi 1 km di altezza)Simbolo architettonico, turismo, prestigioEdilizia, infrastrutture turisticheCostruzione ripresa, 70 piani circa completati, finito per il 2028
RoshPiano di edilizia residenziale per la crescente domanda abitativaRispondere alla domanda della giovane classe media sauditaEdilizia residenzialeIn fase di sviluppo pianificato
Settore Digitale e InnovazioneTrasformazione digitale dell’economia e dei servizi governativiE-government, smart cities, digitalizzazioneTecnologia, servizi pubbliciIn crescita, parte trasversale di Vision 2030

I cantieri in generale procedono, certo, ma con un passo claudicante. Costruire città dal nulla nel deserto è più complicato che disegnarle su un tablet. The Line, che doveva ospitare un milione e mezzo di persone entro il 2030, ora punta a trecentomila residenti in soli 2,4 chilometri invece dei 170 previsti. È come se i sauditi avessero ordinato una Ferrari e gli fosse arrivata una bicicletta elettrica. Bella, ma non è la stessa cosa.

Quando la sabbia entra negli ingranaggi

Il Jeddah Tower, dopo anni di stop per un’indagine anti-corruzione che ha fatto tremare i palazzi del potere, è ripartito nel 2025 e procede al ritmo di un piano ogni quattro giorni. A questo passo, quando sarà completato nel 2028 (forse), il concetto stesso di grattacielo potrebbe essere già obsoleto. Nel frattempo, il cantiere del Mukaab ha completato l’ottantasei per cento degli scavi, che è un po’ come dire che hanno finito di preparare il buco: ora devono iniziare a pensare a come fare a costruire.

Per la realizzazione di questi progetti servono sostanzialmente tre cose in abbondanza: soldi, materiali da costruzione e operai. Sono diventati tutti e tre dei problemi. Cominciamo proprio dagli ultimi, cioè i lavoratori stranieri. Gli immigrati (soprattutto dall’Africa e dall’India e dal Pakistan) costituiscono la spina dorsale di questi progetti, ma affrontano anche condizioni di lavoro e di vita che le organizzazioni per i diritti umani denunciano come “critiche”. Non a caso molti dei grandi studi di architettura occidentali si sono discretamente defilati: non vogliono che i loro nomi vengano assciati .

L’aspetto ambientale meriterebbe un capitolo a parte, perché secondo tutte le analisi indipendenti proclamarsi sostenibili mentre si costruiscono città dal nulla nel deserto è fisicamente impossibile. L’energia sarà pure rinnovabile, ma il cemento, l’acciaio, l’acqua e le altre risorse necessarie per questi progetti hanno un’impronta ecologica enorme. Il deserto fragile del Mar Rosso, dove sorge NEOM, sta già pagando il prezzo di questa ambizione verde, che di verde ha solo il colore dei dollari investiti: interi ecosistemi delicatissimi sono entrati in crisi.

Il design del futuro (Immagine Vision 2030)
Il design del futuro (Immagine Vision 2030)

Il futuro in scala ridotta

La Vision 2030 sta incontrando ritardi e problemi, diventando sempre di più una sorta di Vision 2050, o anche più in là. I mega progetti si stanno ridimensionando un po’ in sordina, seguendo una specie di legge di conservazione dell’ambizione dove più grande è l’annuncio, più piccola sarà la realizzazione. È la nemesi di ogni grande piano: la realtà che bussa alla porta con il conto da pagare.

A proposito di conto da pagare. L’aspetto finanziario, il terzo dei tre elementi di base per realizzare Vision 2030, è quello oggi più critico. Il valore complessivo degli investimenti in progetti immobiliari e infrastrutturali supererebbe 1,3 trilioni di dollari. Sono stati già stanziati centinaia di miliardi di dollari, ma ciò ha portato a un aumento del debito pubblico e a un fragile equilibrio tra spese e ricavi. La dipendenza da fondi pubblici e sostegni statali è ancora elevata, e c’è il rischio che l’aumento del debito possa compromettere la sostenibilità finanziaria a lungo termine. Intanto, i ricavi del petrolio sono quasi completamente evaporati e i fondi sovrani stanno rimanendo all’asciutto.

I confini del sogno

C’è qualcosa di affascinante in questo tentativo di costruire il futuro a colpi di escavatore, misurando l’innovazione in milioni di metri cubi edificati. Il piano Vision 2030 promuove l’ultimo grande esperimento di ingegneria sociale su scala monumentale del nostro tempo. Forse non funzionerà come previsto, forse The Line diventerà The Point e il Mukaab resterà un cubo vuoto nel deserto. Ma almeno abbiamo provato a sognare in grande, in un mondo dove i sogni di solito si fermano al prossimo trimestre fiscale.

L’ambizione dei governanti dell’Arabia Saudita è enorme e non raggiungerà che pochissimi fra i suoi obiettivi. Tuttavia, il tentativo merita di essere raccontato, se non altro per ricordarci che l’hubris umana, come il deserto, non conosce confini.

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