Sam Altman l’aveva detto: per costruire l’intelligenza artificiale del futuro servirà un livello di risorse mai sentito prima. Alle parole seguono i primi fatti. In una cerimonia alla Casa Bianca, Donald Trump ha annunciato quello che potrebbe essere il più grande investimento nella storia delle infrastrutture tecnologiche americane: cinquecento miliardi di dollari per costruire venti giganteschi data center dedicati all’intelligenza artificiale.

Il progetto, battezzato Stargate, è stato presentato dal presidente americano come un trionfo della nuova amministrazione anche se in realtà era stato concepito durante la presidenza Biden. Masayoshi Son di SoftBank e Sam Altman di OpenAI, i principali artefici dell’operazione, hanno però abilmente giocato la carta politica attribuendone il merito a Trump. Il nuovo presidente ha colto al volo l’occasione per presentarlo come un esempio del suo progetto di “reindustrializzazione” degli Stati Uniti.

Donald Trump e i big del tech: Masayoshi San, Larry Ellison e Sam Altman
Donald Trump e i big del tech: Masayoshi San, Larry Ellison e Sam Altman

Più grande di così per ora non si può

Le dimensioni del progetto sono mastodontiche, così come il suo impatto ambientale che sta già sollevando non poche preoccupazioni. Ogni data center consumerà quasi un gigawatt di elettricità, l’equivalente dei consumi di 750 mila abitazioni, e richiederà enormi quantità di acqua per il raffreddamento. L’alimentazione di questi centri potrebbe costringere le compagnie elettriche a fare maggiore affidamento sui combustibili fossili proprio mentre gli Usa cercano di ridurre le emissioni. Gli ambientalisti hanno già fatto notare come il progetto rischi di vanificare gli sforzi per la transizione verde. Le aziende coinvolte hanno promesso di utilizzare energie rinnovabili, ma i dettagli su come intendano farlo sono ancora tutti da definire.

La partita si gioca anche sul piano della competizione tecnologica con la Cina, che sta investendo massicciamente nell’AI. OpenAI guiderà le operazioni con il supporto finanziario di SoftBank e quello tecnologico di Oracle, Microsoft, Arm e Nvidia, creando un’alleanza senza precedenti nel settore tech. I lavori sono già iniziati ad Abilene, in Texas, dove sorgerà il primo dei venti data center previsti entro il 2029. L’obiettivo dichiarato è garantire agli Stati Uniti l’infrastruttura necessaria per mantenere la leadership nell’intelligenza artificiale, ma i critici sottolineano come spesso questi mega-progetti creino meno posti di lavoro rispetto a quanto promesso.

Il chip fatto in casa

La vera novità potrebbe arrivare nel 2026, quando si prevede che OpenAI comincerà a utilizzare processori di sua progettazione, sviluppati in collaborazione con Broadcom e TSMC. Questa mossa segnerebbe un’ulteriore evoluzione dell’azienda che, nata come organizzazione no-profit per la ricerca sull’AI, si sta trasformando in un colosso tecnologico verticalmente integrato.

Il progetto Stargeate rappresenta anche un cambio di paradigma nel settore dei data center, tradizionalmente costruiti e gestiti dalle singole aziende tech. Microsoft, fino a ieri il partner esclusivo di OpenAI, in tutto questo mantiene un ruolo privilegiato con un diritto di prelazione sulle nuove capacità di calcolo, ma l’accordo segna comunque un’evoluzione verso una maggiore indipendenza di OpenAI, sottolineata anche dall’annuncio dell’azienda di Seattle: Microsoft ha infatti detto di aver firmato un nuovo accordo con OpenAI che gli conferisce “il diritto di primo rifiuto” sulla nuova capacità di cloud computing OpenAI.

Quando si parla di AI, il palcoscenico è tutto per Sam Altman
Quando si parla di AI, il palcoscenico è tutto per Sam Altman

Project Stargate

In un momento in cui il fabbisogno computazionale per l’AI cresce esponenzialmente, Stargate è una scommessa ambiziosa ma rischiosa. La sfida sarà bilanciare le esigenze di sviluppo tecnologico e occupazionali (secondo Trump il progetto porterà a più di centomila nuovi posti di lavoro “tutti americani”) con la sostenibilità ambientale, mantenendo al contempo il mercato nazionale Usa aperto alla concorrenza interna, senza cioè trasformarlo in un oligopolio. Solo il tempo dirà se questo mastodontico investimento ripagherà le aspettative o si rivelerà un’operazione più politica che strategica. Nel frattempo, il contatore dell’energia consumata continua a girare, e con esso quello dei costi ambientali di questa corsa all’oro dell’intelligenza artificiale, con nuovi modelli che richiedono sempre più energia e la loro diffusione rapidissima in strati diversi della società.