La meccanica quantistica è sempre stata considerata un territorio misterioso, dove le regole che governano il nostro mondo quotidiano sembrano non valere più. Proprio da questo universo microscopico nasce una delle più importanti rivoluzioni tecnologiche del nostro tempo. Un altro tipo di informatica basata su un tipo di computazione radicalmente diverso da quella attuale, che possiamo definire “informatica classica”.

Il computer quantistico promette di risolvere in pochi minuti problemi che richiederebbero secoli ai computer tradizionali. Non si tratta solo di velocità, ma di un modo completamente diverso di elaborare le informazioni. La tecnologia sta facendo passi da gigante, anche se siamo ancora lontani dalle applicazioni pratiche. Tuttavia, Microsoft in questi giorni ha annunciato di aver realizzato un nuovo chip quantistico, Majorana I, dopo 17 anni di ricerca per sviluppare un nuovo materiale e una nuova architettura che l’azienda definisce “rivoluzionaria”. Microsoft ritiene di poter mettere potenzialmente fino a un milione di Qubits dentro un singolo chip un po’ più grande di un processore tradizionale e che le applicazioni industriali saranno incredibili.

Il processore quantistico Majorana I - Immagine Microsoft
Il chip si chiama Majorana in onore del nostro fisico Ettore Majorana, che nel 1937 descrisse la particella utilizzata da Microsoft nel chip quantistico – Immagine Microsoft

Per capire però quale potrà essere la reale portata di quest’ultima innovazione, e in generale di tutto il comparto del quantum computing, bisogna fare un passo indietro e capire di cosa stiamo parlando. Perché se la meccanica quantistica è difficile, il quantum computing fa veramente girare la testa.

La nascita del quantum computing

L’idea di sfruttare le leggi quantistiche per il calcolo nacque negli anni ’80, quando il fisico Richard Feynman suggerì che solo un computer quantistico avrebbe potuto simulare efficacemente i sistemi quantistici. Paul Benioff dimostrò teoricamente nel 1980 che un computer quantistico era possibile. Fu però Peter Shor nel 1994 a far esplodere l’interesse per questo campo, dimostrando che un computer quantistico avrebbe potuto fattorizzare numeri enormi in tempi polinomiali anziché esponenziali.

Questa scoperta minacciava direttamente ad esempio il sistema di crittografia RSA, uno degli algoritmi più utilizzati per la sicurezza informatica, che basa la sua robustezza proprio sulla difficoltà pratica di fattorizzare il prodotto di due grandi numeri primi. Si tratta di un problema che i computer classici non sanno risolvere efficientemente, ma che diventa trattabile con un computer quantistico sufficientemente potente. La corsa al computer quantistico era iniziata.

Dal bit al qubit

Al cuore di questa rivoluzione c’è il qubit, l’unità di informazione quantistica che sostituisce il tradizionale bit. Mentre un bit può essere solo 0 o 1, un qubit può esistere in entrambi gli stati contemporaneamente grazie al principio di sovrapposizione quantistica. Questo permette di elaborare un numero enorme di calcoli in parallelo. Un computer quantistico con 300 qubit può gestire più stati simultanei di quanti siano gli atomi nell’universo osservabile. Per capirsi, è come avere un’orchestra invece di un solista.

I primi esperimenti pratici iniziarono alla fine degli anni ’90, quando ricercatori riuscirono a manipolare singoli atomi come qubit. Nel 1998 fu realizzato il primo computer quantistico a due qubit, dimostrando che la teoria poteva diventare realtà. I progressi successivi furono lenti ma costanti, con la realizzazione di dispositivi sempre più complessi. L’industria iniziò a interessarsi seriamente alla tecnologia, con IBM che presentò il primo processore quantistico a 5 qubit nel 2016. Da quel momento, il numero di qubit nei computer quantistici è cresciuto rapidamente.

Ecco Q, il quantum computer di IBM
Ecco Q, il quantum computer di IBM

A cosa serve il computer quantistico

I campi di applicazione sono potenzialmente infiniti. La crittografia quantistica potrebbe rendere le comunicazioni totalmente sicure. Le simulazioni di molecole complesse potrebbero accelerare la scoperta di nuovi farmaci. L’ottimizzazione di sistemi complessi, dai trasporti alla finanza, potrebbe raggiungere livelli mai visti prima. Ma c’è un problema: i qubit sono estremamente delicati e sensibili alle perturbazioni esterne. Il minimo disturbo può far collassare il sistema quantistico.

La sfida principale è mantenere i qubit in uno stato coerente abbastanza a lungo da completare i calcoli. Per questo i computer quantistici devono operare a temperature vicine allo zero assoluto, in condizioni di isolamento quasi perfetto. Gli scienziati stanno lavorando per aumentare il tempo di coerenza e ridurre gli errori. Alcune aziende hanno già costruito computer quantistici con decine di qubit, ma siamo ancora lontani dai migliaia necessari per applicazioni pratiche. Per la prima volta Microsoft, con il suo Majorana I, afferma di essere riuscita a superare molti ostacoli legati alle interferenze e all’instabilità dei qubit senza bisogno di utilizzare superconduttori e temperature prossime allo zero assoluto.

Il software del quantum computing

Parallelamente allo sviluppo hardware, i ricercatori hanno fatto progressi significativi negli algoritmi quantistici. Dopo l’algoritmo di Shor, Lov Grover sviluppò nel 1996 un algoritmo per la ricerca in database non strutturati. Altri algoritmi sono stati sviluppati per la simulazione di sistemi quantistici, l’ottimizzazione e il machine learning. Questi algoritmi sono pronti per essere implementati non appena l’hardware sarà sufficientemente potente. La sfida ora è colmare il divario tra teoria e pratica.

C’è un particolare traguardo, non solo simbolico (anche se per la stampa e l’opinione pubblica ha anche quel significato) che consiste nel raggiungere la cosiddetta “Quantum Supremacy”, la “supremazia quantistica”. Vale a dire, fare qualcosa con il computer quantistico che è impossibile da realizzare con un computer classico. Il significato simbolico ma anche pratico (e quindi economico) di questa sfida è uno delle maggiori sfide del settore, che spinge le aziende e i ricercatori a trovare soluzioni sempre più innovative e potenti.

Google ha recentemente dichiarato di aver raggiunto la “supremazia quantistica”, eseguendo in pochi minuti calcoli che richiederebbero migliaia di anni ai supercomputer più potenti. Altri ricercatori contestano questa affermazione, ma il risultato rimane impressionante. La corsa alla supremazia quantistica vede impegnate le maggiori potenze mondiali. Gli investimenti in questo settore stanno crescendo in maniera rapidissima, segno che la rivoluzione è ormai iniziata.

E dopo, cosa succederà?

Il futuro del quantum computing è ancora incerto, ma le potenzialità sono enormi. Potremmo assistere a progressi scientifici inimmaginabili in campi come la medicina, la climatologia e l’intelligenza artificiale. La capacità di simulare sistemi quantistici complessi potrebbe aprire nuove frontiere nella scienza dei materiali. L’idea stessa di “simulazione“, che è una delle ragioni per le quali gli elaboratori sono così importanti non solo per la scienza, cambia di significato acquistando una profondità prima inedita. Diventa, insomma, un’idea sempre meno astratta e sempre più tangibile.

Oggi nessuno può prevedere con certezza quando i computer quantistici diventeranno davvero usabili in modo facile, ma una cosa è certa: questa tecnologia cambierà il nostro mondo in qualcosa di completamente diverso.