Se avete paura di Skynet e Terminator, è arrivato il momento giusto per tirarla fuori: Google ha annunciato l’integrazione del suo modello di intelligenza artificiale Gemini nei sistemi robotici. Non si tratta semplicemente di un aggiornamento tecnologico, ma di un cambiamento profondo nella concezione stessa dell’intelligenza artificiale. Finora, modelli come ChatGPT o lo stesso Gemini esistevano solo nel mondo digitale, elaborando testi e immagini senza alcun contatto con la realtà fisica. Questa nuova direzione potrebbe risolvere uno dei problemi fondamentali dell’AI attuale: l’impossibilità di comprendere veramente il mondo senza interagirci direttamente.

L’AI senza corpo è un’intelligenza incompleta: questa è la considerazione da cui siamo partiti. Infatti, i modelli linguistici, per quanto sofisticati, non hanno mai toccato un oggetto o sperimentato cosa significhi muoversi in uno spazio tridimensionale. Non possono capire davvero cosa significa “pesante” o “leggero”, perché queste sono esperienze fisiche che non si possono apprendere solo dalle descrizioni testuali. Questa mancanza di esperienza diretta è alla base delle famose “allucinazioni” dell’AI, quei momenti in cui i sistemi generano informazioni plausibili ma false. Un’intelligenza senza corpo è come un navigatore che conosce tutte le mappe stradali ma non ha mai guidato un’auto nel traffico reale.

Come impariamo noi, come impareranno i robot

Pensate a come i bambini imparano: non studiano manuali, ma esplorano il mondo toccando, cadendo, osservando le reazioni degli altri. La robotica evoluta segue principi simili, permettendo alle macchine di sviluppare una comprensione attraverso l’esperienza diretta anziché tramite programmazione rigida. I robot di Google potranno scoprire le proprietà degli oggetti interagendo con essi, osservare le persone e copiare le loro azioni, sviluppando gradualmente un “senso del sé” nel contesto del mondo reale. Questo approccio potrebbe finalmente superare uno dei limiti storici dell’AI: l’incapacità di generalizzare l’apprendimento da situazioni semplici a scenari complessi del mondo reale.

Embrioni di vita meccanica e di intelligenza automatica (Anche questa immagine se l'è creata l'AI)
Embrioni di vita meccanica e di intelligenza automatica (Anche questa immagine se l’è creata l’AI)

Quindi, ci siamo? No, decisamente no. La strada è ancora lunga e piena di ostacoli tecnici: le simulazioni non riescono a riprodurre la complessità del mondo reale, e la gestione dell’apprendimento fisico richiede nuovi approcci. Anche il consumo energetico rappresenta una sfida importante, poiché l’elaborazione continua di dati sensoriali combinata con il movimento richiede batterie più efficienti. Questi sistemi non arriveranno presto nelle nostre case, ma inizieranno a diffondersi in ambienti controllati come magazzini, fabbriche o laboratori di ricerca. La vera novità è che, per la prima volta, l’AI potrà imparare dagli errori fisici e non solo da quelli logici o matematici.

Tuttavia, quanto sta succedendo è davvero importante. Questo perché il progetto di Google rappresenta un passo verso un’intelligenza artificiale qualitativamente diversa, più simile a quella umana. Gli studi neuroscientifici confermano che anche i nostri pensieri più astratti sono radicati in esperienze corporee. Un robot capace di costruire una comprensione del mondo attraverso l’esperienza diretta potrebbe diventare un collaboratore molto più efficace, in grado di anticipare le nostre esigenze e adattarsi a situazioni impreviste. Non si tratterà più di strumenti che eseguono comandi, ma di partner che comprendono il contesto e possono prendere decisioni adeguate in base all’ambiente circostante.

La rivoluzione di Google Robotics potrebbe ridefinire completamente cosa intendiamo per intelligenza artificiale. Ma se ce la fa farà, questo non succederà subito, bensì solo nei prossimi anni. Il test definitivo non sarà più solo la capacità di generare discorsi convincenti, ma la vera comprensione del mondo fisico e delle interazioni sociali. Siamo all’inizio di un nuovo capitolo nella storia dell’AI, dove la mente e il corpo non sono più dimensioni separate, ma parti di un unico sistema intelligente che impara, si adatta e cresce attraverso l’esperienza. Proprio come gli esseri viventi.

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