Sotto i portici delle Procuratie Vecchie, in un angolo di Piazza San Marco che il mondo intero riconosce, si nasconde il segreto meglio custodito della storia del retail moderno. Nel 1958, quando l’America ancora sognava i grandi magazzini anteguerra e l’Europa ricostruiva le sue città, un imprenditore visionario di Ivrea e un architetto veneziano dal genio sottile stavano inventando qualcosa che non esisteva ancora: il negozio come esperienza, come manifesto culturale, come opera d’arte totale.

Il Negozio Olivetti di Venezia, capolavoro dell’architetto Carlo Scarpa voluto da Adriano Olivetti, non era semplicemente un punto vendita di macchine da scrivere. Era un teatro della modernità, un luogo dove la tecnologia diventava poesia e il commercio si trasformava in cultura. Quarantacinque anni dopo, quando Steve Jobs aprì il primo Apple Store nel maggio del 2001, stava seguendo una traccia già disegnata tra i marmi di Aurisina e il palissandro veneziano.

La coincidenza non è casuale. Entrambi gli imprenditori, separati da un oceano e da mezzo secolo, avevano capito la stessa verità rivoluzionaria: vendere un prodotto tecnologico significa raccontare una storia, costruire un immaginario, offrire un’esperienza che trasformi l’acquirente in un fedele della marca. Olivetti lo fece con le sue macchine da scrivere, “biciclette per la mente” ante litteram, Jobs con i suoi computer che promettevano di cambiare il mondo.

Il negozio Olivetti (Immagine Flickr-Leon CC BY 2.0)

Il genio anticipatore di Scarpa

La lezione di Scarpa, che trasformò uno spazio buio e angusto in una sinfonia di luce e movimento, anticipava tutti gli elementi che oggi riconosciamo negli Apple Store: la scala centrale quasi sospesa nel vuoto, i materiali preziosi sapientemente accostati, la cura maniacale per ogni dettaglio, la capacità di far dialogare innovazione e tradizione. Perfino l’idea di esporre i prodotti come sculture, illuminati e accessibili al tocco, nasceva in quel piccolo gioiello veneziano.

Ma la vera genialità di Olivetti, quella che Jobs avrebbe fatto propria decenni dopo, stava nell’aver capito che un negozio non deve solo vendere oggetti, ma deve vendere un’identità. Il Negozio Olivetti non era il posto dove si compravano macchine da scrivere: era il luogo dove si respirava l’aria di un’Italia che guardava al futuro, dove la tecnologia si sposava con la bellezza, dove l’industria diventava cultura.

La lezione che attraversa i decenni

Quando Jobs iniziò a progettare i suoi Apple Store, studiò meticolosamente i grandi magazzini americani, le boutique di lusso parigine, i flagship store della moda italiana. Ma il vero modello, quello più puro e rivoluzionario, era già lì da cinquant’anni, silenzioso e perfetto, in un angolo di Piazza San Marco. L’idea di uno spazio dove architettura, design e tecnologia si fondessero in un’esperienza unica, dove il cliente diventasse parte di una community, dove l’acquisto si trasformasse in un atto culturale.

Il negozio Olivetti (Immagine Flickr-Jacqueline Poggi CC BY 2.0)
Venezia, Piazza San Marco, Negozio Olivetti (Immagine Flickr-Jacqueline Poggi CC BY 2.0)

La differenza sta nella scala: Olivetti pensava europeo, raffinato, artigianale. Jobs pensava globale, democratico, industriale. Ma l’intuizione era identica: il futuro del commercio non stava nella distribuzione di massa, ma nella creazione di templi della marca, luoghi dove l’eccellenza si facesse tangibile e l’innovazione diventasse emozione.

Gli Apple Store di oggi replicano in forma industriale quello che Scarpa aveva già perfezionato in forma artigianale: spazi luminosi dove i prodotti respirano, materiali preziosi che comunicano qualità, un’atmosfera che trasforma la visita in un’esperienza memorabile. Il Genius Bar non è poi così diverso dai piccoli ambienti d’ufficio del piano superiore del Negozio Olivetti, dove la consulenza diventava servizio culturale.

Tra uno store e l’altro

AspettoNegozio Olivetti di VeneziaStoria di Olivetti e negozi monomarca AppleRapporto critico tra Olivetti e Apple Store
Origine e contestoProgettato da Carlo Scarpa nel 1957-58 su incarico di Adriano Olivetti; situato in Piazza San Marco, Venezia. Spazio angusto trasformato in un capolavoro d’architettura che unisce tradizione e modernità.Olivetti azienda pionieristica tecnologica e culturale italiana; Apple Store nasce nel 2001 come spazio di vendita e branding innovativo e globale.Apple si ispira allo showroom Olivetti come esperienza di vendita culturale e di design, anticipato da Scarpa e Adriano Olivetti 45 anni prima.
Funzione e concezioneNegozio inteso come esperienza culturale e artistica, vetrina di tecnologia e design, teatro della modernità, non solo vendita di prodotti.Negozio monomarca Apple come esperienza immersiva, marketing esperienziale, brand community e servizio personalizzato.Entrambi creano “templi della marca” dove il prodotto è esposto come opera d’arte, valorizzando identità e storytelling del brand.
Architettura e designScala centrale sospesa, materiali preziosi (marmo, legno), ambiente luminoso e articolato, esposizione delle macchine da scrivere come sculture. Cura maniacale del dettaglio.Design minimalista, materiali hi-tech, spazi luminosi, grande attenzione all’esperienza del cliente e all’interazione, Genius Bar come servizio.Apple replica in scala industriale l’esperienza artigianale e culturale di Scarpa, valorizzando atmosfera e design per trasformare la visita in evento.
Visione imprenditorialeAdriano Olivetti: visione europea, raffinata e artigianale; tecnologia come poesia, negozio come opera d’arte e manifesto culturale.Steve Jobs: visione globale e industriale; produzione di massa e democratizzazione del design tecnologico.Convergenza nell’idea che la vendita sia creazione di identità e comunità, e non solo transazione commerciale.
Eredità e influenzaIcona restaurata e tutelata dal FAI, esempio internazionale di retail innovativo e architettura del Novecento, precursore di modelli successivi.I negozi Apple Store considerati modello di successo retail e strategico, replicati globalmente come luoghi di esperienza e forte branding.Il DNA degli Apple Store ha radici nel negozio Olivetti, testimonianza di un modello pionieristico italiano nel retail culturale e tecnologico.

L’eredità silenziosa

Oggi, mentre gli Apple Store si moltiplicano nelle metropoli del mondo con la loro estetica minimalista e i loro materiali hi-tech, il piccolo capolavoro di Scarpa resta lì, testimone silenzioso di un’intuizione geniale. Restaurato e affidato al FAI dal 2011, continua a raccontare la storia di quando l’Italia inventava il futuro con l’eleganza di sempre.

Forse Steve Jobs non è mai entrato nel Negozio Olivetti di Venezia (ma molti indizi lasciano supporre di sì, invece). Tuttavia i vari store e flagship store Apple sparsi in tutto il mondo, inconsapevolmente o no, portano il DNA di quello spazio, di quella visione italiana che per prima capì come si fa di un prodotto industriale un oggetto del desiderio, di un negozio un’esperienza, di una marca una filosofia di vita.

In fondo, ogni volta che entriamo in un Apple Store, stiamo camminando sulle orme di Adriano Olivetti e Carlo Scarpa: i pionieri di una rivoluzione che iniziò tra i marmi e i mosaici di Piazza San Marco.

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