Nel 2025, mentre l’industria cinematografica corre verso l’intelligenza artificiale e gli effetti digitali sempre più sofisticati, Jurassic World – La Rinascita fa una scelta che sembra anacronistica: tornare alla pellicola analogica Kodak e agli animatronici. Ma dietro questa apparente nostalgia si nasconde una strategia tecnologica raffinata che il regista Gareth Edwards e il direttore della fotografia John Mathieson hanno messo a punto per ridare autenticità a uno dei più noti e redditizi franchise di Steven Spielberg che rischiava di perdere la sua magia originale. A oggi la serie ha fatturato 6 miliardi di dollari, con il primo film che è stata la prima pellicola a superare il miliardo.

L’atmosfera di una volta

La decisione di girare su pellicola non è un vezzo estetico ma una necessità narrativa. La pellicola Kodak conferisce al film quel “respiro” visivo e quei colori terrosi che caratterizzavano il capolavoro di Spielberg del 1993. Eliminando l’effetto “schermo verde” tipico del digitale, gli ambienti creati per la Ile Saint-Hubert (l’isola dove è ambientata la storia) acquisiscono una densità cromatica e una naturalezza che fa dimenticare allo spettatore di trovarsi davanti a una ricostruzione. È il calore della pellicola a rendere credibile il mondo perduto dei dinosauri, non la fredda perfezione dei pixel.

Dinosauri acquatici (Immagine cortesia Universal Pictures)
Dinosauri acquatici (Immagine cortesia Universal Pictures)

Ancora più significativo è il ritorno massiccio agli animatronici di nuova generazione. Questi dinosauri meccanici, eredi diretti di quelli creati da Stan Winston per Spielberg, rappresentano la sintesi perfetta tra innovazione e tradizione. Sono dei grandi modelli animati, dei pupazzi-robot molto sofisticati e realistici anche dal vivo. La loro presenza fisica sul set non solo aiuta gli attori a interagire con creature tangibili, ma restituisce quella tridimensionalità “fisica” che nessuna computer grafica, per quanto sofisticata, riesce a simulare completamente.

Gli animatronici bisogna però anche saperli usare, e la produzione di Amblin Entertainment è maestra in questo ambito. La divisione dei compiti tra animatronici e CGI richiede infatti una maturità tecnica notevole. Le creature meccaniche dominano le scene intime e di tensione, quelle dove ogni movimento muscolare, ogni contrazione della pelle deve trasmettere emozione. La CGI di Industrial Light & Magic interviene invece nelle sequenze d’azione, dove la dinamicità e la spettacolarità prevalgono sul dettaglio anatomico. Questa alternanza non è casuale: è il frutto di trent’anni di esperienza che hanno insegnato ai creatori del franchise quando privilegiare il fisico e quando affidarsi al digitale.

Virtuale o reale?

Il lavoro di ILM merita una menzione particolare per la capacità di fondere i due approcci. Ogni animatronico è stato progettato con la consulenza di paleontologi per garantire precisione scientifica nei movimenti di muscoli, tendini e legamenti. Parallelamente, la raccolta di dati precisi dalle location reali ha permesso di creare ambienti virtuali fedeli dove inserire i dinosauri digitali senza soluzione di continuità.

Animatronics o CGI? (Immagine cortesia Universal Pictures)
Animatronics o CGI? (Immagine cortesia Universal Pictures)

Jurassic World – La Rinascita (2025)

Estremi filmProtagonisti (Attori)Innovazioni tecnologiche
Uscito nel 2025, diretto da Gareth EdwardsScarlett Johansson (Zora Bennett), Mahershala Ali (Duncan Kincaid), Jonathan Bailey (Dr. Henry Loomis)Uso combinato di animatronici avanzati e CGI ultra realistici
Settimo film del franchise Jurassic ParkRupert Friend, Manuel Garcia-Rulfo e altri nel cast di supportoGirato su pellicola analogica Kodak 35mm per un look visivo caldo e naturale
Ambientazione su Isola Saint-Hubert, isola proibita con dinosauri ibridi geneticamente modificatiFilm prodotto da Steven Spielberg e Frank MarshallEffetti visivi curati da Industrial Light & Magic con simulazioni dettagliate di muscolatura e pelle digitale

Dinosauro vecchio fa buon brodo

La Rinascita dimostra che l’innovazione cinematografica non coincide necessariamente con l’adozione delle tecnologie più recenti. A volte significa saper combinare intelligentemente vecchio e nuovo, analogico e digitale, meccanico e virtuale. Il risultato è un film che riesce a parlare contemporaneamente alla generazione cresciuta con Spielberg e a quella abituata agli effetti spettacolari dei blockbuster moderni.

E ci sono anche i dinosauri che volano (Immagine cortesia Universal Pictures)
E ci sono anche i dinosauri che volano (Immagine cortesia Universal Pictures)

Questa scelta tecnologica si inserisce perfettamente nella strategia di rilancio della saga. Dopo anni di sequel che avevano privilegiato la spettacolarità digitale a scapito dell’emozione (i film di “Jurassic World”), il ritorno alle origini tecniche rappresenta anche un ritorno alle origini narrative: la meraviglia di fronte alla vita che rinasce e il terrore primordiale di fronte a predatori perfetti.

E poi, diciamocelo: in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale promette di rivoluzionare anche il cinema, Jurassic World – La Rinascita ricorda che alcune emozioni nascono dal contatto fisico con la materia, dal peso reale di una creatura che respira davvero sul set. È una lezione preziosa per un’industria che rischia di dimenticare che dietro ogni pixel deve esserci sempre un po’ di umanità. Facendoci rivivere la passione di andare in sala a vedere il “vero” sequel del primo Jurassic Park.

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