Nel 1900 Max Planck presentava all’Accademia prussiana delle scienze la sua rivoluzionaria teoria dei quanti, gettando le basi per il più grande cambiamento nella storia della fisica. All’epoca nessuno poteva immaginare che quella presentazione sarebbe stata l’inizio di una rivoluzione scientifica ancora in corso. Gli scienziati dell’epoca erano convinti che la fisica classica di Newton fosse sufficiente per spiegare tutti i fenomeni naturali. La realtà si sarebbe rivelata molto più complessa e sorprendente.

La teoria dei quanti

Il centro della rivoluzione quantistica fu inizialmente l’Europa, con le università tedesche e austriache in prima linea. L’istituto di fisica teorica di Copenhagen, diretto da Niels Bohr, divenne il punto di riferimento per una nuova generazione di fisici. La scuola di Gottinga, sotto la guida di Max Born, sviluppò il formalismo matematico della teoria. L’approccio pragmatico di Copenhagen avrebbe dominato l’interpretazione della meccanica quantistica per decenni.

Il problema di Planck era apparentemente semplice: spiegare perché gli oggetti incandescenti emettono luce di colori diversi a temperature diverse. Un filamento metallico diventa prima rosso e poi bianco man mano che si scalda, ma nessuna teoria dell’epoca riusciva a spiegare questo fenomeno. La soluzione di Planck fu rivoluzionaria: l’energia non fluisce in modo continuo ma viene emessa e assorbita in piccoli pacchetti discreti, i “quanti”. Questa idea, apparentemente semplice, avrebbe sconvolto la fisica.

Le interpretazioni della teoria dei quanti

La scuola di Vienna, con Erwin Schrödinger, propose un approccio basato sulle onde di materia, apparentemente in contrasto con la visione particellare di Heisenberg. Wolfgang Pauli a Zurigo formulò il principio di esclusione, fondamentale per comprendere la struttura della materia. Paul Dirac a Cambridge unificò la meccanica quantistica con la relatività speciale di Einstein. L’interazione tra queste diverse scuole di pensiero fu cruciale per lo sviluppo della teoria.

A proposito, c’è anche il più famoso scienziato del XX secolo: Albert Einstein. Allora molto giovane, il futuro padre della teoria della relatività fu tra i primi a capire le implicazioni profonde della teoria di Planck. Nel 1905, lo stesso anno della teoria della relatività, Einstein utilizzò i quanti per spiegare l’effetto fotoelettrico, dimostrando che la luce si comporta talvolta come un’onda e talvolta come un fascio di particelle. Questa dualità onda-particella, inizialmente osservata solo per la luce, si sarebbe rivelata una caratteristica fondamentale di tutta la materia. Nel mondo microscopico, la distinzione netta tra onde e particelle semplicemente non esiste.

Dio gioca a dadi oppure no?

Nonostante il suo contributo fondamentale alla nascita della teoria quantistica, Einstein non fu mai completamente soddisfatto della sua interpretazione probabilistica. La sua famosa frase “Dio non gioca a dadi con l’universo” riassume il disagio verso una teoria che sembrava abbandonare il determinismo della fisica classica.

Insieme a Boris Podolsky e Nathan Rosen, Einstein propose nel 1935 un esperimento mentale, noto come “paradosso EPR” (dalle iniziali dei cognomi dei tre scienziati), per dimostrare l’incompletezza della meccanica quantistica. L’esperimento, pensato per evidenziare le contraddizioni della teoria, finì paradossalmente per confermarne la validità quando, negli anni ’60, John Bell dimostrò che le correlazioni quantistiche violano i limiti imposti da qualsiasi teoria deterministica.

La guerra e il ruolo degli Usa

Come mai gli Usa sono così importanti nello studio della meccanica quantistica, se quasi tutti gli scienziati più importanti erano europei? La spiegazione, purtroppo, è semplice: la Seconda guerra mondiale.

Durante gli anni ’30 del Novecento, mentre l’Europa precipitava verso la guerra, molti fisici quantistici emigrarono negli Stati Uniti. I laboratori americani, come l’Institute for Advanced Study di Princeton e il Radiation Laboratory del MIT, divennero i nuovi centri della ricerca. La meccanica quantistica trovò applicazione immediata nello sviluppo del radar e, più tardi, del transistor. La fisica teorica aveva dimostrato il suo valore strategico.

Gli anni Venti avevano intanto visto emergere una nuova generazione di fisici che avrebbe dato forma definitiva alla meccanica quantistica. Werner Heisenberg scoprì che è impossibile conoscere contemporaneamente con precisione arbitraria la posizione e la velocità di una particella. Erwin Schrödinger sviluppò l’equazione che descrive l’evoluzione dei sistemi quantistici. Niels Bohr formulò il principio di complementarità, secondo cui certi aspetti della realtà quantistica sono mutualmente esclusivi.

Ma fu nel dopoguerra che arrivarono alcune scoperte notevolissime. Richard Feynman e Julian Schwinger svilupparono l’elettrodinamica quantistica, la teoria più precisa mai formulata sul funzionamento della teoria dei quanti. A Berkeley e a Chicago, i laboratori nazionali americani applicarono la meccanica quantistica alla fisica nucleare. In Giappone, Sin-Itiro Tomonaga contribuì alla comprensione delle interazioni tra luce e materia. La teoria era ormai un’impresa globale.

Viaggio nel regno dei quanti
Viaggio nel regno dei quanti

L’entanglement

Una delle caratteristiche più sconcertanti della meccanica quantistica è l’entanglement, o “correlazione quantistica”. Due o più particelle possono essere “intrecciate” in modo che le loro proprietà rimangano correlate indipendentemente dalla distanza che le separa. Einstein chiamò questo fenomeno “spaventosa azione a distanza“, ma gli esperimenti hanno confermato ripetutamente che è una caratteristica fondamentale della natura. Oggi l’entanglement è alla base di molte tecnologie quantistiche emergenti.

Le applicazioni pratiche della meccanica quantistica sono ormai parte della nostra vita quotidiana. Ogni smartphone contiene miliardi di transistor che funzionano grazie a effetti quantistici. I laser, utilizzati ovunque dalla medicina alle telecomunicazioni, sono dispositivi intrinsecamente quantistici. Le moderne tecniche di imaging medico come la risonanza magnetica nucleare sfruttano proprietà quantistiche dei nuclei atomici.

La fine del XX secolo ha visto l’emergere di nuove interpretazioni della meccanica quantistica. La teoria dei molti mondi di Hugh Everett, la meccanica Bohmiana e l’interpretazione delle storie consistenti (che, nelle parole del fondatore R. B. Griffiths, vuole essere “la Copenaghen fatta come si deve”) hanno sfidato il dominio della scuola di Copenhagen. I dibattiti filosofici continuano, ma l’efficacia pratica della teoria rimane indiscussa. La meccanica quantistica si è dimostrata uno strumento insostituibile per comprendere e manipolare la natura a livello fondamentale.

I computer quantistici

Il futuro promette applicazioni ancora più rivoluzionarie. I computer quantistici potrebbero risolvere in pochi secondi problemi che richiederebbero letteralmente millenni di calcoli ai migliori super-computer classici. La crittografia quantistica promette, inoltre, comunicazioni assolutamente sicure. I sensori quantistici potrebbero raggiungere livelli di precisione senza precedenti. Tutto questo è possibile grazie alla comprensione profonda del mondo microscopico che la meccanica quantistica ci ha fornito.

Q, il computer quantistico di IBM
Q, il computer quantistico di IBM (Fonte IBM)

Dopo oltre un secolo, la meccanica quantistica continua a sorprenderci e a spingerci verso nuove frontiere tecnologiche. Come disse Richard Feynman, “penso di poter dire con sicurezza che nessuno capisce davvero la meccanica quantistica”. Eppure questa teoria, per quanto controintuitiva possa sembrare, è la più precisa e meglio verificata nella storia della scienza. Il futuro dell’innovazione tecnologica in tantissimi settori dipende sempre di più dalla capacità dei ricercatori di sfruttare al meglio i fenomeni quantistici.

Easter egg (per i più precisini)

C’è una cosa a cui molti non sanno rispondere, quando parlano di “meccanica quantistica”. Ed è: perché si chiama “meccanica” e non “fisica”? O, ad esempio, “teoria quantistica”?

Il nome ovviamente non è stato scelto a caso. Invece, c’è un’ottima ragione. Il termine “meccanica” è mutuato dalla fisica classica, in cui la “meccanica” si occupa di descrivere il moto degli oggetti, sia in forma classica (la meccanica newtoniana) che in forma più avanzata (meccanica lagrangiana o hamiltoniana). Quando si sviluppò la teoria dei quanti, si scoprì che il moto delle particelle su scala atomica non seguiva le regole della meccanica classica. Nacque quindi una nuova “meccanica”, fondata su principi quantistici.

Invece, il termine “fisica quantistica” esiste ma viene usato in contesti più ampi per indicare l’insieme delle teorie che studiano i fenomeni quantistici (cosa che include teorie più complesse come la teoria quantistica dei campi o la gravità quantistica), ma non è specifico come “meccanica quantistica”. Detta in un altro modo: la meccanica quantistica è una sottobranca della fisica quantistica che si occupa, in particolare, delle leggi fondamentali che regolano il comportamento delle particelle in termini di posizione, momento, energia, e via dicendo.

Infine, il termine “teoria dei quanti“. È un termine meno utilizzato e più generico. Potrebbe riferirsi a qualsiasi teoria basata sul concetto di quanto (la quantità discreta di energia o azione introdotta da Max Planck nel 1900). Tuttavia, non riflette la struttura matematica e le implicazioni fisiche specifiche della meccanica quantistica. Anche perché la parola quantum sottolinea la natura discreta e non continua di molte grandezze fisiche a livello atomico e subatomico. Questo è un concetto chiave che distingue la meccanica quantistica dalla meccanica classica.

La ciliegina sulla torta della fisica

E aggiungiamo che c’è un ultimo problema da non sottovalutare: è il problema con la teoria del tutto, è che al momento non esiste una teoria coerente che unifichi le due grandi colonne portanti della fisica moderna: la relatività generale (che descrive la gravità e il comportamento dell’universo su larga scala) e la meccanica quantistica (che descrive il mondo microscopico delle particelle). Queste due teorie funzionano straordinariamente bene nei rispettivi ambiti, ma sono incompatibili tra loro. Come mai? Se lo sapete spiegare c’è una ragionevole certezza che vincerete il prossimo Nobel per la fisica.