Navi mercantili a propulsione ibrida vela-motore. È una novità? No, anzi è un classico, da almeno due secoli. Però è una idea che gli ingegneri stanno rivisitando perché permette di fare grandi risparmi, inquinare meno e mantenere delle prestazioni paragonabili a quelle dei mercantili tradizionali. 

E poi la tecnologia ibrida consente anche di fare dei retrofit, cioè di trasformare navi mercantili moderne, con un impatto devastante sull’ambiente, in navi green che inquinano molto meno. Almeno, sulla carta.

I grandi mercantili

Quando si parla di mare e di trasporto delle merci spesso non abbiamo un’idea di quanto complesso, strutturato, indispensabile per la vita moderna e purtroppo molto inquinante sia tutto questo sistema.

Per questo c’è una forte pressione per trovare il modo di abbattere l’inquinamento. Si lavora soprattutto su un settore particolare della marineria mercantile, cioè le navi mercantili cargo di tipo “bulk” (ovverosia non le navi container. 

Una di queste, ad esempio, con una stazza da 43mila tonnellate, è la Pyxis Ocean, che batte bandiera di Singapore ed è proprietà di Cargill, ma viene operata da MC Shipping Kamsarmax. È una delle prime navi ad aver fatto il retrofit green e adesso può adoperare sia le speciali vele a gestione computerizzata che i suoi motori diesel. 

Le diverse tecnologie di retrofit

Come per le auto ibride, il retrofit consente di diminuire in maniera sostanziale l’uso dei motori diesel e quindi di ridurre sia il consumo di carburante che l’inquinamento che ne deriva. Tuttavia, proprio come per le auto ibride, esistono tipi diversi di retrofit possibili.

Un tipo di vele è quello delle WindWings di BartTech. Usate anche sulla Berge Olympus, sono state testate per sei mesi in mare e sono molto diverse dall’iconografia classica dei vecchi velieri con vele di tela. Invece, sono hi-tech, solide e flessibili, realizzate in acciaio e fibra di vetro, alte fino a 37,5 metri. 

Il loro scopo non è quello di sostituire i tradizionali motori diesel, ma di fornire una propulsione supplementare quando la nave naviga in aree con venti e correnti favorevoli. Inoltre, sono a prova di idiota. Nel senso non è necessario fare un addestramento approfondito ai marinai che sono certificati per lavorare solo su sistemi per la navigazione a motore. 

Invece, per queste vele basta un semplice indicatore rosso/verde sul ponte di comando che indica all’equipaggio quando attivare o disattivare le WindWings. Tutto qui: un pulsante da premere e via.

Quando sono attive le vele fanno tutto da sole. Rispondono automaticamente alle variazioni del vento e si regolano per ottenere la velocità ottimale. Così il motore diesel lavora meno senza che la nave rallenti.

I benefici

Secondo la società di analisi Cargill, durante i sei mesi di test Pyxis Ocean ha consumato in meno l’equivalente di tre tonnellate di carburante al giorno, con una riduzione delle emissioni di anidride carbonica di 11,2 tonnellate. Questo è l’equivalente della rimozione di 480 auto dalla strada per tutta la durata del viaggio della nave e ha generato un risparmio generale del 14%.

Il beneficio è forte ma adesso c’è un altro problema pratico che deve essere affrontato. Bisogna infatti testare questo tipo di nave equipaggiata con grandi vele in 250 porti marittimi mondiali. La nave deve essere compatibile, nel senso che deve poter entrare e uscire senza problemi ad esempio per ponti, gru e altri impennaggi.

Le belle idee non sono mai originali

Andare a vela fa risparmiare, farlo con un sistema ibrido vela-motore ancora di più perché diventa anche efficiente in caso di caduta del vento. Ma è una idea nuova? Ovviamente no.

La nave con un mix di vele-motori è un classico della fine dell’Ottocento e inizio del Novecento, quando, man mano che i tempi di consegna diventano sempre più stretti e bisogna attraversare gli oceani più rapidamente, le navi a vela non andavano più bene. E poi non bisogna sottovalutare che una nave a vela come struttura unica ha delle limitazioni in termini di dimensioni: una nave troppo grande richiederebbe delle vele tradizionali enormi e nella pratica impossibili da utilizzare.

Le alternative alle vele rigide

Le navi cargo a vela rigida non sono l’unica cosa. Da alcuni anni ci sono vari test in corso

Altri tipi di vele per il cargo fatte come KITESURF sono pensate per mercantili da un ingegnere Airbus e già un funzione ad esempio da parte della società AirSeas. Altri mercantili a vela a Marsiglia con la società Grain de Sail). 

Intanto in Svezia stanno facendo un veliero, Oceanbird, che riduce il consumo del 90% e impiega 12 anziché 7 giorni per traversare l’Atlantico

In Norvegia, ad esempio, fanno i traghetti elettrici, mentre vengono sviluppate anche tanti modelli di navi totalmente elettriche per diporto e presto anche per i container

Inoltre, a prescindere dal tipo di propulsione, molti centri di ricerca lavorano alla realizzazione di grandi navi mercantili a guida autonoma. I più avanti sono i ricercatori della Cina e della Norvegia, che stanno facendo da tempo i primi esperimenti di navi che viaggiano da sole lungo le coste, capaci di gestire in autonomia le situazioni impreviste. 

Usando la propulsione elettrica e ricariche tramite impianti eolici offshore sono sistemi a impatto zero dal punto di vista energetico e che richiedono pochissimo personale.

Quanto è grande e quanto inquina il settore mercantile?

Spesso si parla di un intero settore industriale, come quello dei trasporti marittimi di tipo mercantile (cioè non passeggeri) senza avere una reale comprensione di quanto sia grande il fenomeno. 

C’è fortissima pressione per far ridurre le emissioni di gas serra nel settore. Questo ha portato a fare sì che le nuove costruzioni di navi da carico generale del futuro produrranno in media il 40% in meno di emissioni di anidride carbonica entro il 2040.

C’è una ragione. Le navi sono tante e soprattutto inquinano tantissimo. Fino al 99 per cento del trasporto marittimo globale dipende attualmente dai combustibili fossili. Le navi mercantili pesano per il 10% delle emissioni del settore del trasporto mondiale per l’anno 2022. Le auto e i van pesano per il 48%, gli aerei per l’11%, i treni appena per l’1%.

Ok, ma quante sono le navi?

Siamo andati a scavare per cercare i dati di settore per gli anni 2022/2023 e capire di quante navi stiamo parlando. 

Attualmente gli oceani e i mari sono solcati da 105.500 navi mercantili di 100 tonnellate di stazza o più, di cui 56.500 sopra le mille tonnellate di stazza lorda.

Escludendo le navi più piccole, le navi mercantili grandi (sopra le mille tonnellate) al mondo oggi sono circa 56.500. Di queste, circa 17.800 navi sono navi Ro-Ro (cioè traghetti) e General cargo, pari al 31% della flotta mercantile mondiale.

La flotta mercantile mondiale ha raggiunto una capacità di carico di 2,3 miliardi di tonnellate di portata lorda (in sigla: tpl) nel gennaio 2023, 70 milioni di tpl in più rispetto al 2022. Le petroliere, i trasporti bulk e le navi portacontainer rappresentano l’85% della capacità totale.

La capacità della flotta mondiale è cresciuta a tassi variabili nel tempo. Tra il 2005 e il 2010, la crescita delle tonnellate di stazza lorda ha raggiunto una media annua del 7,1%. Con la pandemia e consolidamenti ha rallentato.

Le superpotenze asiatiche

Ancora più interessante è chiedersi di chi sono queste navi. Perché in realtà questa domanda serve a capire qual è la geopolitica dei trasporti mercantili marittimi. 

Poco più della metà del tonnellaggio mondiale è di proprietà di compagnie asiatiche. I proprietari europei rappresentano il 38% e quelli del Nord America il 5%. In pratica, i trasporti che partono soprattutto dalla Cina, dall’Africa o dall’America Latina (i paesi che esportano materie prime o prodottiper il settore manifatturiero) sono la grande maggioranza e viaggiano quasi sempre su navi con una bandiera asiatica.

Alcune fonti per questo articolo: